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34) Ritmostruttura con variazioni ondula

FRANCESCO

GUERRIERI

Intervista a Francesco Guerrieri

BIOGRAFIA (biografia breve)

 

 

SCRITTI BIOGRAFICI

 

FRANCESCO GUERRIERI, nato a Borgia (Catanzaro) il 26 settembre 1931, è scomparso a Soverato (Catanzaro) il 24 agosto 2015, tra le braccia della nipote Concetta. Nel 1939 si trasferisce a Roma e fin dall’età di quindici anni si dedica intensamente alla poesia, alla letteratura e, successivamente, al disegno e alla pittura.

 

Dopo aver completato gli studi classici e universitari frequenta, dal 1956, l’Accademia dell’Associazione Artistica Internazionale in Roma e nel 1958 supera l’esame di ammissione ai corsi dell’Academie de France à Rome, che frequenta dal 1958 al 1960. Nello stesso periodo vive ed opera a Villa Strohl-Fern, sua residenza dopo il matrimonio con Lia Drei, che già viveva lì fin dalla nascita, come figlia dello scultore e pittore Ercole Drei, in quel parco allora abitato da importanti artisti. Fino al 1962 esegue cicli di opere informali e polimateriche ed espone all’ VIII Quadriennale d’Arte di Roma e nelle mostre- selezione del Ministero della Pubblica Istruzione alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Tra il 1962 e il 1963 assume un ruolo importante nel campo della ricerca gestaltica e strutturalista fondando il Gruppo 63 con Lucia Di Luciano, Lia Drei e Giovanni Pizzo. In seguito alla scissione del Gruppo 63 forma, con Lia Drei, il binomio Sperimentale p. nel settembre 1963 e successivamente espone in molte personali e in rassegne nazionali e internazionali (a Roma, Firenze, Torino, Genova, Belgrado, Venezia, Bergamo etc.). Nel 1967 gli viene assegnato il Premio Arte Oggi e nel 1968 il Premio Masaccio. Dal 1968 e fino al 1978 Guerrieri affianca alla pittura (ciclo che sarà definito Il Quadro Luce con dipinti esclusivamente in bianco e giallo come il grande Quadrittico di mezza estate) realizzazioni di happenings (Un modo di farsi l’arte insieme all’artista, 1970, con Lia Drei) e di grandi opere-ambiente (installazioni) come Immarginazione (a Roma, Spazio Alternativo nel 1977, Palazzo delle Esposizioni nel 1978 e a Bologna, Il Cortile, sempre nel 1978) cui seguirà Interno d’ Artista a Roma, Spazio Alternativo, nel dicembre del 1979. Nel frattempo, espone in permanenza per circa un decennio alla Galleria Fumagalli di Bergamo a partire dalla mostra antologica Il quadro pensiero di Francesco Guerrieri con saggio critico di Filiberto Menna nel febbraio 1975. Memorabile, poi, nel 1981, la mostra storicaSperimentale p., Lia Drei e Francesco Guerrieri realizzata nella Chiesa Monumentale di San Paolo dai Musei di Macerata. Dal 1982 Guerrieri, che nel 1976 era entrato nel gruppo di autogestione Spazio Alternativo, attivo fino al 1986, partecipa a tutte le mostre di Metapittura e alla stesura del primo e del secondo Manifesto del gruppo omonimo. Nel 1994 viene pubblicato Francesco Guerrieri, volume primo, 1960-1980. Negli anni 2000 Guerrieri raggiunge la sintesi spazio-temporale delle diverse esperienze artistiche realizzando un nuovo ciclo di Interno d’Artista. Nel 2002, in occasione della sua mostra antologica, il Museo Civico di Taverna pubblica Francesco Guerrieri, volume secondo, Scritti e Dipinti. In questi ultimi anni, dopo le personali Interno Artista (Roma, Monogramma arte contemporanea e Cosenza Galleria Il Triangolo, 2003) e Opera Polimaterica (Roma, pH7 Art Gallery 2005 e Viterbo, Palazzo Chigi, Galleria Miralli, 2006), vasta risonanza hanno ottenuto le mostre Sperimentale p., Lia Drei e Francesco Guerrieri a Roma (Monogramma arte contemporanea, 2007), a Viterbo (Palazzo Chigi, Galleria Miralli, 2007) e a Vicenza (Valmore Studio d’Arte, 2010-2011) oltre che a Milano (MIARTnow, 2009, 2010, 2011) e a Verona (ARTVerona, 2009, 2010) e nella esposizione Percorsi riscoperti dell’Arte Italiana 1947 – 2010, VAF/ Stiftung al MART di Rovereto e Trento (2011). Inoltre grande successo ha ottenuto la personale Il Quadro Luce, con testo critico di Gabriele Simongini, a Roma ( Ph7 Artgallery, 2008) e a Viterbo (Palazzo Chigi, Galleria Miralli, 2009). Nel 2011, sempre a cura di Gabriele Simongini, si è tenuta la personale L’infinito finito (Roma, galleria Ricerca d’Arte). Nello stesso anno partecipa, eseguendo un’opera in diretta, ad Artnews RAI 3. Invitato ad esporre alla 54^ Biennale di Venezia DECLINA L’INVITO. Nel 2012 il MACA (Museo Arte Contemporanea di Acri) realizza la grande retrospettiva, con più di 50 opere, Francesco Guerrieri Dal polimaterico all’essenza della struttura a cura di Teodolinda Coltellaro. Nello stesso tempo opere dell’artista sono esposte alla GNAM (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma) nella mostra Arte programmata e cinetica a cura di Giovanni Granzotto e Mariastella Margozzi. Da ricordare che sempre alla GNAM Guerrieri nel 2009 era già presente nella mostra Palma Bucarelli. Il Museo come Avanguardia, a cura della stessa Mariastella Margozzi. Dopo la scomparsa di Guerrieri, il Centro Open Space per l’Arte Contemporanea di Catanzaro, tra dicembre 2015 e gennaio 2016, ha allestito la mostra collettiva Strutture infinite di luce. Omaggio a Francesco Guerrieri. Successivamente le sue opere sono state esposte in varie rassegne, come EgosuperEgoalterEgo, Volto e corpo contemporaneo nell’Arte, IO E’ UN ALTRO (auto)ritratto d’artista della collezione della Cineteca Nazionale e del MACRO (Museo di Arte Contemporanea di Roma) il 25 febbraio 2016. Il MACRO ha allestito inoltre l’esposizione Lia Drei e Francesco Guerrieri, La regola e l’emozione 1963-1972, dal 10 novembre 2016 al 15 gennaio 2017, a cura di Francesca Pirani e Gabriele Simongini, e, sempre nel 2017, la collettiva Visioni Geometriche. Opere dalla collezione #5, a cura di A. Rita Arconti e Daniela Vasta, in cui figurano opere di Guerrieri e di Lia Drei. Tra novembre 2018 e gennaio 2019 il Complesso monumentale del San Giovanni di Catanzaro ha ospitato la collettiva Escher. La Calabria, il mito. Nel 2016 le opere di Guerrieri hanno partecipato alla collettiva Occhio mobile, a cura di Micol Di Veroli, presso il Tomie Ohtake di San Paolo del Brasile. Il Museo Civico di Taverna (Catanzaro) ha dedicato a Francesco Guerrieri una sala personale permanente dal 2002. Il Comune di Taverna, patria del grande pittore Mattia Preti, gli ha conferito la cittadinanza onoraria dal 7 agosto 2005 per meriti artistici unitamente, alla memoria, a Lia Drei, spentasi il 22 marzo dello stesso anno. Nel 2006 in Borgia (CZ), suo paese nativo, gli è stato assegnato il Riconoscimento “Maria Regina delle Vittorie” (Prima Edizione) per la Sezione Arti Visive. Nel dicembre 2009 in occasione della partecipazione fuori concorso alla rassegna del Premio Internazionale Limen Arte 2009 a Vibo Valentia gli à stato conferito il PREMIO ALLA CARRIERA dal Presidente della Regione Calabria. Di Guerrieri, più volte premiato in rassegne nazionali e internazionali, hanno scritto critici e storici dell’arte come Apollonio, Argan, Bonito Oliva, Coltellaro, Di Genova, Finizio, Marziano, Lambertini, Menna, Orienti, Ponente, Sicoli, Simongini, Trucchi, Vergine e molti altri. Guerrieri, oltre a partecipare a centinaia di importanti rassegne e mostre collettive in Italia e all’estero, ha tenuto più di 50 mostre personali. Sue opere sono a Roma nella GNAM, nel MACRO e nella Fondazione La Quadriennale d’Arte, oltre che nella Fondazione VAF/Stiftung di Francoforte sul Meno presso il MART di Rovereto, e Trento, nel MADI Museum a Dallas (U.S.A.) e in più di trenta altri Musei in Italia e all’estero.

 

 


Francesco Guerrieri

L’arte che si rinnova giorno dopo giorno

 (Biografia approfondita)

“C’è sempre una novità, che apre una strada nuova per domani. Francesco è molto esigente e onesto con sé stesso e con il suo lavoro, a me piace così, mi dà serenità e io lo stimo e lo ammiro e mi domando se chi guarda i suoi quadri capisce l’importanza del suo lavoro (...) che deve essere osservato, guardato e vissuto lentamente così dagli occhi ti entra nel cuore e poi nell’anima.” Con queste parole la pittrice Lia Drei descrive Francesco Guerrieri, compagno della sua vita, soffermandosi sul suo impegno artistico che lo ha portato, nel corso del tempo, ad andare sempre avanti nella sperimentazione, raggiungendo traguardi importanti. Guerrieri, come ha scritto Adriano Spatola, “imprime alla sua pittura il marchio eccitante di una sperimentazione aperta verso l'autenticità espressiva, verso la scoperta di un linguaggio storicamente garantito ma ricco di soluzioni inedite, in una sorta di metamorfosi continua”. 

Nato a Borgia (Catanzaro) il 26 settembre 1931, Francesco Guerrieri è scomparso a Soverato (Catanzaro) il 24 agosto 2015. Nel 1939 si era trasferito a Roma dove, dopo aver completato gli studi classici e universitari, frequenta i corsi dell'Académie de France a Rome a Villa Medici e l'Accademia dell'Associazione Artistica Internazionale. Qui, nel 1958, conosce Lia Drei, figlia dello scultore e pittore Ercole Drei, che sposa pochi mesi più tardi. Per circa due anni i due artisti vivono a Villa Strohl-Fern, ai confini di Villa Borghese, in una splendida dimora immersa nel verde, accanto a celebri artisti che qui avevano i loro studi. Nel frattempo Francesco si dedica anche alla scrittura, collaborando con riviste d'arte. In questo periodo si esprime in pittura con opere polimateriche, dal forte impatto visivo, che espone alla VIII Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma, alle Biennali regionali di Roma, alle mostre-selezione presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, e ad altre rassegne nazionali. Poco dopo, nel 1962, il superamento della corrente informale porta Guerrieri alla realizzazione di opere costruite da sistemi segnici aderenti alle teorie della semiotica e agli scritti di Merleau - Ponty sulla fenomenologia della percezione. Nascono le sue celebri opere ghestaltiche e strutturaliste intitolate Continuità, che realizza utilizzando il nero, il rosso e il bianco, fusione tra ricerca scientifica e tecnica pittorica. Guerrieri infatti non abbandona mai la componente artigianale della pittura, esprimendosi sempre con le tecniche dell’olio o dell’acrilico. Nello stesso anno è l'ideatore del Gruppo 63 che fonda insieme a Lucia Di Luciano, Lia Drei e Giovanni Pizzo. I quattro artisti espongono a Roma, Firenze, Livorno, ricevendo critiche positive da Battisti, Finizio, Orienti, Politi, Ponente, Popovich e altri. In seguito alla scissione del Gruppo 63, avvenuta per divergenze metodologiche, nel settembre 1963 al XII Convegno Internazionale di Rimini e Verucchio, Guerrieri fonda, con Lia Drei, il Binomio Sperimentale p. (p.= puro). Nell'ottobre dello stesso anno i letterati d'avanguardia riunitisi a Palermo adottano la stessa denominazione di Gruppo 63. Tra loro anche Umberto Eco che, tanti anni più tardi, a Roma, all'interno del ristorante - pizzeria La Capricciosa, molto amato da Guerrieri, saluterà l'artista presentandolo ai presenti proprio come il primo ideatore del Gruppo 63, come raccontatomi dalla nipote Concetta Guerrieri. Dal 1963 al 1968 Lia Drei e Francesco Guerrieri espongono a Roma, Firenze, Torino, Belgrado. Dello Sperimentale p. si occupano Argan, Assunto, Celant, Finizio, Garroni, Maltese, Masini, Menna, Montana, Orienti. Tra il 1965 e il 1966 Guerrieri organizza e realizza le mostre - dibattito itineranti Strutture visive e Strutture significanti in molte città d'Italia. Gli vengono conferiti due premi nazionali, il Premio Arte Oggi nel 1967 e il Premio Masaccio nel 1968. Molti altri riconoscimenti e premi seguiranno negli anni successivi. Intanto, come studioso e teorico, pubblica i suoi scritti sulle riviste "Arte oggi", "La Vernice", "Numero", negli "Atti dei Convegni Internazionali di Verucchio", in vari cataloghi e periodici e nel volume "Ricerche strutturali" (ed. Silva, 1969). Le opere di questi anni sono state presentate storicamente nel 1975 nell'ampia antologica Francesco Guerrieri, opere ‪1962-74 dalla Galleria Fumagalli di Bergamo, con saggio introduttivo di Filiberto Menna, e nella grande mostra Sperimentale p., Lia Drei e Francesco Guerrieri (opere ‪1963 -1968) realizzata dai Musei Civici di Macerata nella chiesa Monumentale di S. Paolo nel 1981, a cura di Elverio Maurizi. Tra il 1968 e il 1971 l’artista realizza strutture tridimensionali variopinte per l'installazione di opere-ambiente (Azione in piazza a Rieti e Mentana, personale alla Galleria il Canale a Venezia) e di happenings con Lia Drei (a Roma, Firenze, Bologna: Un modo di farsi l'arte insieme all'artista). Scrivono del loro lavoro, tra gli altri, Bargellini, Niccolai, Popovich, Spatola. Continuando la sua incessante sperimentazione artistica, dal 1967 in poi Guerrieri nelle sue opere usa solo due toni alternati di giallo (medio e chiaro) per dipingere le sue strutture con effetto di irradiazione su fondo bianco. Le Edizioni Geiger di Torino pubblicano, nel 1972, il volume di Adriano Spatola, Quadri Miraggi Ritratti di Francesco Guerrieri, in cui l’autore analizza dettagliatamente i processi visivi che portano l’artista alla realizzazione di questo tipo di opere, paragonandole ad “una musica stupefacente di tipo dodecafonico, chiusa e aperta nello stesso tempo”. Negli anni Settanta i segni gialli si organizzano lasciando emergere bianche scritture indecifrabili oppure allusive forme bianche in una continua alternanza visiva fondo-figura (“positivo - negativo"). Successivamente gli spazi bianchi, in cui navigano le strutture dei segni gialli, divengono sempre più ampi e i segni gialli vengono sospinti ai margini della tela e sui lati del telaio, quasi ad irradiare la parete dell’ambiente e lasciando dominante assoluto al centro della tela la luce del bianco puro. “Ora la pittura è nello spazio, invece che lo spazio nella pittura”, dice lo stesso artista. Nel 1977, eliminata completamente la tela, Guerrieri si serve dei telai vuoti, dipinti sui lati, per incorniciare prospetticamente la sala espositiva nell'installazione della grande opera - ambiente Immarginazione, allestita a Roma, a Spazio Alternativo e, nel 1978, a Bologna, alla Galleria II Cortile, e ancora a Roma, al Palazzo delle Esposizioni. In Immarginazione il vuoto centrale dell'opera a volte racchiude (“immargina”) al centro della propria potenziale rappresentatività oggetti o persone che casualmente vi si pongono o vi transitano, altre volte resta come vuoto puro e semplice. Il problema della rappresentatività dell'arte contemporanea diviene poi centrale, a partire dal 1979, in Interno d'Artista, dove all'interno del telaio - cornice appaiono dipinti gli stessi telai vuoti oppure altri dipinti realizzati dall’artista nel passato, in una immaginaria sala espositiva. Numerosi sono i critici che si interessano in questo periodo alle sperimentazioni di Guerrieri: Apuleo, Bentivoglio, Bonito Oliva, Dalla Chiesa, D’Amore, De Candia, De Marchis, Grande, Lambertini, Orienti, Torrente, Trucchi, Vescovo. Negli anni Ottanta l’artista rinnova nuovamente il suo linguaggio pittorico e realizza opere di Metapittura, di cui sottoscrive anche il primo e il secondo Manifesto. Espone i suoi nuovi lavori nel 1982 nella mostra personale Sublime e Pittoresco e all’interno di varie collettive a Roma (Spazio Alternativo e Galleria Studio 34), Macerata (Musei Civici), Caprarola (Palazzo Farnese), Frascati (Sincronicon). Recensiscono il suo lavoro Apuleo, Bilardello, De Candia, D. Guzzi, Lelj, Mango, Marziano, Menna, Micacchi, Penelope, Spadano. 

Dopo Sincronicon, nel 1986, Guerrieri si ritira per un decennio in un proprio eremo naturalistico sull'Appennino romagnolo realizzando opere visionarie ed “ecologistiche”. Sul finire degli anni Novanta inizia un nuovo ciclo di Interno d'Artista che “tende alla rappresentazione sincronica e spiazzante di ogni possibile esperienza pittorica, sia iconica che aniconica, in una dimensione metafìsica, dove possono convivere potenzialmente all'infinito spazi con orizzonti diversi e dove ogni tempo può divenire presente”, citando le parole dello stesso artista. Nel frattempo le sue opere del passato sono riproposte in occasione di varie rassegne storiche e tematiche, oltre che in mostre personali retrospettive e antologiche. Il Museo Civico di Taverna gli dedica una sala personale permanente dal 2002. Il Comune di Taverna, patria del pittore Mattia Preti, il 7 agosto 2005, gli conferisce la cittadinanza onoraria, per il fondamentale contributo alla crescita del Museo Civico di Taverna e alla diffusione dell’arte contemporanea unitamente alla consorte Lia Drei, la grande artista scomparsa il 22 marzo 2005. Il 20 settembre 2006 in Borgia, suo paese nativo, gli viene assegnato il Riconoscimento Maria Regina delle Vittorie (Prima Edizione) per la Sezione Arti Visive. Nel 2006 le sue opere polimateriche degli anni Sessanta vengono esposte in varie mostre personali: nella Galleria d'arte contemporanea all'interno del Museo Civico di Taverna (Catanzaro), a cura di Giuseppe Valentino; a Viterbo, a Palazzo Chigi, nella Galleria Miralli e nella Galleria Monogramma di Roma, entrambe a cura di Sandro Barbagallo. Le ultime due gallerie, nel 2007, ospitano anche l'importante mostra Sperimentale p., Lia Drei e Francesco Guerrieri, ‪1963-1968. Nel 2008 a Roma, presso Ph7 Artgallery e nel 2009 a Viterbo, nella Galleria Miralli, a Palazzo Chigi, vengono esposte le opere di Guerrieri del decennio ‪1967-1977 dal ciclo Il Quadro Luce. Sempre nel 2009 Guerrieri, oltre che in numerose rassegne e collettive, è presente in Nuit Europèenne des Musées, al Museo Civico di Taverna; in ArtVerona, a Verona e a Miart now, a Milano (stand Valmore Studio d’Arte); in L’Arte di amare l’Arte, allestita dalla Fondazione Città Italia a Palazzo Venezia, Roma; in Struttura-Pittura, al Musinf, Museo Comunale di Senigallia; in Palma Bucarelli. Il Museo come Avanguardia, nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. In occasione della rassegna Premio Internazionale Limen Arte 2009 a Vibo Valentia gli viene conferito il Premio alla Carriera della Presidenza della Regione Calabria.

Inoltre il critico Giorgio DI Genova lo inserisce nella sua enciclopedia Storia dell’arte italiana del novecento, Generazioni anni quaranta (Tomo II, Edizioni Bora, Bologna, p.815). Nel 2010 partecipa alle mostre: L’Arte di amare l’Arte, allestita dalla Fondazione Città Italia nella Galleria degli Uffizi, a Firenze; Tornare a Itaca (già realizzata al Museo Civico dei Brettii e degli Enotri), alla Fondazione Mudima di Milano; MiArt Artnow, a Milano; ad ArtVerona. Dal 10 dicembre 2010 al 27 febbraio 2011 la Galleria Valmore Studio d’Arte di Vicenza allestisce l'ampia mostra Sperimentale p., Lia Drei e Francesco Guerrieri (opere anni ’60 – ’70), con catalogo in due volumi. Dal 1° luglio al 30 ottobre dello stesso anno opere dello Sperimentale p. sono presenti nella grande esposizione Percorsi riscoperti dell’Arte Italiana 1947 – 2010, VAF/Stiftung, a cura di Gabriella Belli e Daniela Ferrari, al MART (Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto). La Fondazione VAF/Stiftung, sita a Francoforte sul Meno, Germania, acquisisce inoltre in permanenza dieci opere dello Sperimentale p. Il 30 aprile 2011 Guerrieri esegue in diretta in Artnews RAI 3 l’opera Sublimazione cromatica dall’Autoritratto di Mattia Preti. Invitato ad esporre alla 54^Biennale di Venezia declina l’invito. Sempre nel 2011 partecipa alle mostre Omaggio a Mattia Preti al National Museum of Fine Arts di Malta e al Museo Civico di Taverna, a cura di Giuseppe Valentino, e alla 61^Rassegna Internazionale Premio G. B. Salvi, a Sassoferrato, a cura di Gabriele Simongini, che presenta nell’ottobre dello stesso anno la personale Francesco Guerrieri, L’infinito finito, alla Galleria Ricerca d’Arte di Roma. Il 16 dicembre 2011 Il MACA (Museo Arte Contemporanea di Acri “Sivio Vigliaturo”) e la BCC Mediocrati in Rende (CS) dedicano la quinta edizione del Progetto Bancartis a Francesco Guerrieri con l’acquisizione per donazione dell’opera Verso Itaca nella Collezione Bancartis. Lo stesso MACA ospita la grande retrospettiva Francesco Guerrieri. Dal polimaterico all’essenza della struttura (31 marzo-27 maggio 2012), con più di 50 opere, a cura di Teodolinda Coltellaro. Dal 22 marzo al 27 maggio 2012 opere di Lia Drei e di Francesco Guerrieri sono esposte nella mostra Arte Cinetica e Programmata, a cura di Giovanni Granzotto e di Mariastella Margozzi, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. Nel frattempo l'artista, operando una fusione tra le Continuità dello Sperimentale p. e i sinuosi e arcani linguaggi delle opere degli anni Settanta, realizza opere in cui le bande rosse e nere o bianche e gialle diventano di nuovo protagoniste, fuse con la scrittura, stavolta resa quasi riconoscibile dal nostro alfabeto oppure con imprevedibili forme emergenti nella luce assoluta del bianco. Nelle sue opere dal 2011 il protagonista è l'infinito. Riprendendo gli studi sul continuum degli anni Sessanta, Guerrieri giunge a compiere una grande sintesi formale, nata da una concezione della pittura come ricerca poetica, poesia senza parole, che vuole comunicare visivamente sentimenti e pensieri profondi e sublimi in una continuità universale infinita. Tra il 2013 e il 2014 due personali propongono il lavoro passato di Guerrieri: Sperimentale p., nella Vico Gallery di Verbania e le nuove ricerche: L'infinito finito,  presso Valmore Studio d'Arte, a cura di Gabriele Simongini, a testimonianza dell'interesse suscitato da entrambe le produzioni del Maestro. Intanto scrivono sul suo lavoro: Aita, Barbagallo, Carli, Ceccucci, Cesarini, Coltellaro, V.Conte, De Candia, P. D’Agostino, Di Genova, Esposito, Folcarelli, Galassini, Gigliotti, Giordano, Le Donne, Le Pera, Margozzi, Marziano, Mastroianni, Miralli, Morelli, Riposati, Sicoli, Simongini, Turco Liveri, Valentino, Zucchini e molti altri. Dopo la scomparsa di Guerrieri, avvenuta, tra le braccia della nipote Concetta, dopo una breve ma grave malattia, nel 2015, il Centro Open Space per l’Arte Contemporanea di Catanzaro, tra dicembre 2015 e gennaio 2016, ha allestito la mostra collettiva Strutture infinite di luce. Omaggio a Francesco Guerrieri. Successivamente le sue opere sono state esposte in varie rassegne, come EgosuperEgoalterEgo, Volto e corpo contemporaneo nell’Arte, IO E’ UN ALTRO (auto)ritratto d’artista della collezione della Cineteca Nazionale e del MACRO (Museo di Arte Contemporanea di Roma) nel 2016. Il MACRO ha allestito inoltre l’esposizione Lia Drei e Francesco Guerrieri, La regola e l’emozione ‪1963-1972, dal 10 novembre 2016 al 15 gennaio 2017, a cura di Francesca Pirani e Gabriele Simongini, e, sempre nel 2017, la collettiva Visioni Geometriche. Opere dalla collezione #5, a cura di A. Rita Arconti e Daniela Vasta, in cui figurano opere di Guerrieri e di Lia Drei. Tra novembre 2018 e gennaio 2019 il Complesso monumentale del San Giovanni di Catanzaro ha ospitato la collettiva Escher. La Calabria, il Mito in cui vi erano anche opere di Guerrieri. Inoltre, nel 2016, le opere del Maestro hanno partecipato alla collettiva Occhio mobile, a cura di Micol Di Veroli, presso il Tomie Ohtake di San Paolo del Brasile. 

Una vita dedicata all'arte quella di Francesco Guerrieri. Artista nel senso più alto del termine, eterno sperimentatore proiettato verso il futuro, egli ha saputo caratterizzare le sue opere da una cifra stilistica personale, eppure flessibile, evolvendo e rinnovando la sua arte giorno dopo giorno. Come scrive Gabriele Simongini, con l’intento di “conciliare le ragioni profonde e strutturali della forma con quelle fluidamente enigmatiche della vita”, Francesco Guerrieri ha sempre cercato un’apertura verso il mondo, anzi in qualche modo la sua ricerca costantemente e sensibilmente sperimentale ha proposto un’idea concreta di arte capace di ‘diventare mondo’, di respirare all’unisono con i ritmi e i battiti quotidiani ed universali della vita pur rispettando un preciso ed autonomo codice linguistico continuamente rimesso in discussione”. Nelle ultime opere realizzate il Maestro opera una sintesi formale che racchiude tutta la sua ricerca artistica. “La libertà in Guerrieri è la luce”, scrive Chiara Ceccucci, “la luce dei suoi colori intensi alternati è come un monito che giunge dall’alto, l’artista vede tutto illuminato dalla ‘luce immensa’ che scioglie il ‘mistero della vita’, ‘l’ultima luce’ senza fine, che abbaglia ogni cosa e che allo stesso tempo unifica ogni cosa e rende il tutto una continuità”. Quel continuum cercato da Guerrieri sin dall'inizio delle sue ricerche ghestaltiche e strutturaliste, ottenuto perché “ogni quadro non avesse inizio né fine, ma fosse parte, frammento di una potenziale illimitata continuità” (Guerrieri).

 

Cinzia Folcarelli, Francesco Guerrieri, l'arte che si rinnova giorno dopo giorno, in Dal polimaterico all'essenza della struttura. Opere 1959-2012, MACA, I quaderni del Museo, Acri, 2012; testo integrato dall'autrice nel 2021, dopo la scomparsa del Maestro 

INTERVISTA A FRANCESCO GUERRIERI

Nella casa studio di Francesco Guerrieri l’arte e la vita scorrono in parallelo. E’ la casa in cui ha abitato con la moglie Lia Drei, scomparsa nel  marzo del 2005, con cui ha condiviso un progetto artistico e un percorso di vita.
In questa casa Lia è sempre presente, lo è ancora, con i suoi quadri, con i suoi lavori, con piccoli dettagli di vita quotidiana: il suo grembiule che usava per dipingere poggiato con noncuranza sul cavalletto come se dovesse essere ripreso da un momento all’altro, uno spartito aperto su un leggio  pronto per essere suonato. Accanto ai numerosissimi quadri dipinti dagli artisti le  fotografie del quotidiano: la casa rifugio in campagna, un piccolo pezzo di paradiso sull’appennino romagnolo, in cui ospitare amici, fare progetti per il futuro , coltivare l’orto e i fiori. Sopra le poltrone, in un angolo ecco che fa capolino anche la foto un po’ ingiallita dell’amata cockerina. 
Il passato si lega con il presente, con il computer sul tavolo, con un grosso fascicolo di fogli : l’ archivio su carta  dell’opera di Francesco che aspetta ancora  di essere  sistemato.
“La mia aspirazione profonda è sempre stata quella di comunicare” ha dichiarato Francesco Guerrieri, “comunicare quello che con il linguaggio ordinario non è possibile comunicare”. C’è una ritrosia, una forma di timidezza nel parlare di sè, Francesco si esprime meglio con le opere che non le parole. Come se le parole fossero troppo brusche e scoprissero troppo in fretta quelle emozioni  che lui vuole tenere celate .
Più che con le parole lui  comunica meglio con la pittura con i suoi quadri in cui poco per volta si mette allo scoperto e in cui sono gli spettatori a coglierne le parti nascoste, perchè sa bene che “ogni quadro  contiene misteriosamente tutta una vita con le sue sofferenze , i suoi dubbi, le sue ore d’entusiasmo e di luce”. (1)

(1) Kandinskj " Lo spirituale nell’arte e nella pittura"



Come si è sviluppato  il tuo percorso artistico?
Il  mio percorso artistico nasce dalla crisi dell’informale, come molti artisti della mia generazione ero  immerso nella cultura informale ma mi stava stretta. C’era la volontà di andare al di là del solito cammino , l’informale era diventato una specie di accademia ripetitiva, con un certo conformismo di linguaggio, noi giovani volevamo andare oltre, usare anche altre tonalità di colore, dire  basta a  tutti quei grigi, marroni, neri. Ho fatto ricerche sulle materie,  ho utilizzato molti  oggetti trovati per caso. Ad un certo punto ho cominciato a dare un ordine a queste mie ricerche, a sistemare il tutto in modo organico. Non mi rendevo conto a quel tempo  che c’era un’esigenza di superare l’informale  che questo movimento era finito, che aveva esaurito il suo scopo e si sentiva sempre di più l’esigenza di un ordine di un’armonia .

C’era anche un’esigenza di usare il colore forse?

I tuoi quadri sono molto colorati.
All’inizio sì lo erano,  ma poi ho ridotto molto il colore. Nel mio periodo materico ho usato molto il colore ma poi ho fatto una selezione usando solo i colori fondamentali :bianco rosso nero, proprio per sfruttare  al massimo la luce. Non ho fatto una ricerca sul colore come quella che ha fatto Lia che si è rivolta ai rapporti sui colori perchè  a me interessava  maggiormente la divisione ritmica dello spazio  sulla superficie della tela. A metà del 62 ho fatto un primo quadro in cui c’erano solo rosso e nero su fondo bianco e niente altro. A questo sono arrivato dopo  varie prove , attaccavo sui quadri vari oggetti e quindi la tela si arricchiva di qesti “objet trouvé”  di matrice duchampiana, poi progressivamente ho  ridotto sempre di più questi oggetti.

Per rivolgerti solo alle tue ricerche sul colore?
Sì e no, nel senso che gli oggetti attaccati sul quadro non li ho proprio eliminati completamente perchè ho inserito dei fili di nylon, le linee erano delle linee concrete materiali , che esistevano veramente non erano solo tratti disegnati.
In quel periodo, negli anni 60, c’era un gran movimento anche a livello internazionale, erano anni di grande fermento. Anche io e  mia moglie  avevamo deciso di fare un gruppo, a Roma si era formato il “gruppo  uno “ ma per noi non era interessante, non era omogeneo,  ogni componente portava avanti una propria ricerca ed erano uniti solo dalla voglia di protestare contro l’informale. E Lia ed io decidemmo così formare un nostro gruppo quello che diventerà il “gruppo 63”. Nel giugno del 63 abbiamo fatto una mostra a Roma che ebbe una certa risonanza, fu recensita molto bene . Anche se adesso a distanza di anni mi rendo conto che fummo molto osteggiati . Noi eravamo infervorati dalle nostre ricerche e andavamo avanti per la nostra strada . Eravamo stati invitati al XII convegno internazionale di Verucchio era  un’occasione molto importante per noi perchè ci partecipavano grossi nomi  e critici importanti tra cui Argan.  In quella occasione proclamammo la scissione del gruppo 63 in “sperimentale P” di Lia Drei e Francesco Guerrieri  e di  “operativo L  “di  Lucia Di Luciano e Giovanni  Pizzo e ognuno di noi ha continuato per la propria strada, portando avanti la propria ricerca .
Lo sperimentale P è durato fino al 68, nel frattempo  io ottenevo vari riconoscimenti tra cui il premio della rivista “Arte Oggi” nel 67 e nel 68 vincevo  il primo premio Masaccio. Tuttavia da parte del mercato non c’era grande interesse per queste nuove forme artistiche, il mercato è venuto dopo negli anni 70, a quel tempo si sperimentava solo per passione.

Per che cosa c’era interesse? Cosa si vendeva all’epoca?
Informale, figurativo, c’era un po’ di confusione. Per vivere, noi artisti, dovevamo fare altri lavori.  Tante volte abbiamo dovuto girare le tele perchè non avevamo i soldi per comprarne di nuove. Negli anni 70 però le cose sono cambiate, il mercato, soprattutto al nord, si era aperto e anche i gusti del pubblico cominciavano a cambiare. Eravamo travolti dal clima di euforia che si respirava , il 68, la contestazione.

Ma voi la contestazione già la facevate...
Si, io infatti già nel 67 avevo scritto degli articoli su Arte Oggi,   delle cose feroci sulla società e sull’arte. Negli anni 70 avevamo iniziato anche noi a fare degli happening, facevamo anche delle strutture di legno  che poi coloravamo, quelle verticali io le chiamavo alberi. Frequentavamo molti letterati e poeti ed  eravamo in contatto con un gruppo che aveva la rivista “quindici”, ci vedevamo quasi tutte le sere. Avevamo organizzato un happening a Rieti portavamo le nostre strutture nelle piazze. Le caricavamo in macchina e partivamo. A Venezia nella mostra che abbiamo allestito alla galleria Il Canale ce le siamo caricati a piedi da Piazzale Roma fino al Canal Grande.  Quando si è giovani si può fare ogni cosa perchè si è pieni d’entusiasmo e pesa tutto di meno.
A Roma c’era un locale che si chiamava l’Uscita era un locale con annessa una grande libreria, si trovava  in via del governo Vecchio, si facevano molti happening con il pubblico che partecipava. Anche noi ne abbiamo fatti molti in quel locale.  Era un bel periodo, di grande fermento. Questo è durato fino al 71. Poi, forse per i continui cicli della storia, per una specie di “eterno ritorno” c’è stata un’inversione di marcia e abbiamo sentito il bisogno di ritornare alla tela.
Lia ha fatto una nuova serie di quadri  più movimentati,  io invece ho cominciato ad inserire nei miei quadri una specie di scrittura.

Una rottura dell’armonia  
Un critico ha definito i miei quadri musica senza suono, musica assoluta che viene scandita da questi ritmi che sono senza tempo e senza spazio. La rottura che avviene inserendo nel quadro la forma bianca  ha un  suo significato, io pensavo di alludere ad una scrittura o ad una forma enigmatica, il pubblico però  può interpretarla come vuole. Ai rossi e neri alternavo la sequenza di due toni di giallo, il problema della luce mi aveva coinvolto  in modo molto forte. Il giallo è un colore più luminoso quindi, invece del rosso e del nero, avevo  inserito nei miei quadri due toni di giallo, uno più chiaro e uno più  scuro. Arrivato a metà degli anni 70 ho usato semplicemente il giallo mentre il bianco diventa sempre più predominante. Il bianco si espande sempre di più fino a lasciare il giallo solo ai bordi e poi solo agli angoli. Di queste opere non mi è rimasto quasi niente perchè sono tutte in giro nei musei.
Dopo ho avuto l’idea di coinvolgere lo spazio della galleria, ho fatto entrare dentro le opere l’ambiente in cui venivano collocate le opere stesse . Ho chiamato questo  modo di operare l’”Immarginazione” cioè l’ambiente dentro i margini. Prima il colore si trovava ai margini e dentro c’era lo spazio bianco ora invece lo spazio ambiente si trovava dentro i margini delimitati dalla cornice. Questa operazione venne accolta molto bene dalla critica perchè era qualcosa di nuovo.

Hai fatto molte “Immarginazioni”?
Diverse ma la migliore è stata quella a Palazzo delle esposizioni  Era un’esposizione dal titolo “Arte e ricerca 78” perchè  era il 1978. Ero stato invitato, mi diedero una sala ed io ho usato la sala per fare questa operazione. Le stesse operazioni le ho fatte  anche in altre gallerie, a “Spazio alternativo” a Roma e poi anche a Bologna.  Nel 79 ero già andato oltre, ponendomi il problema della rappresentatività dell’arte contemporanea.  Nascono le opere denominate   “Interno d’artista” dove all’interno del telaio-cornice appaiono dipinti gli stessi telai vuoti oppure altri dipinti  che ho realizzato nel passato  come se fossero  in un’immaginaria sala espositiva. 

La metapittura nasce quindi dall’interno d’artista
Sì è un discorso collegato, il primo  quadro l’ho presentato  a dicembre del ’79. Ho iniziato a lavorare sulla pittura dell’800  e del 600 inserendo in questo contesto le mie opere. Purtroppo  in quel periodo eravamo in piena transavanguardia e quindi è sembrato a tutti che mi fossi adeguato furbescamente a questa moda, che fossi salito sul carro del vincitore, in realtà la mia metapittura era il punto di arrivo di un lungo percorso che aveva le sue radici nell’Immarginazione e nell’interno di artista.  Era  un’operazione concettuale sul senso dell’arte contemporanea  che si riappropriava del linguaggio della pittura del passato.

Si è trattata di una coincidenza sfortunata
Si, che mi ha procurato molte ostilità nell’ambiente e mi ha dato molta amarezza. Mi ha molto colpito il fatto che non sono stato neppure invitato alla quadriennale. Avevo esposto da giovane   poi non ho più esposto

E’ per questo che ti sei ritirato?
Si, sono stato lontano dall’ambiente per quasi quindici anni

Dove sei stato?
Siamo stati in campagna, abbiamo comprato un casolare che poi abbiamo restaurato, sull’Appennino romagnolo, doveva essere la nostra seconda casa, la residenza di campagna e invece passavamo la maggior parte del tempo lì anche perchè avevamo il nostro orto, gli animali, gli amici, una vita molto serena e rilassante. C’erano molti fiori e alberi. Se ci penso ho ancora molta nostalgia di quei momenti.

Quando è finito il periodo di isolamento?
Alla fine degli anni novanta ci aveva contattato un’assistente di Giorgio Di Genova che stava scrivendo la sua monumentale storia dell’arte  e doveva inserire anche me e Lia.
Poi da cosa nasce cosa  e ad un certo punto nel 2000  ho fatto una mostra a Roma sulle  opere degli anni 60 ottenendo un’accoglienza trionfale. Anche Lia aveva fatto un’altra mostra proprio nello stesso periodo. E’ stato un bel rientro. Nel frattempo mi avevano anche scoperto in Calabria e il museo di Taverna mi aveva dedicato una mostra antologica. A Taverna c’era già un museo di arte antica  (Taverna è la patria del pittore Mattia Preti) poi Mimmo Rotella e Angelo Savelli avevano deciso di fare una  galleria di arte contemporanea collegata al museo di arte antica.  Dopo aver fatto la mostra antologica, ho donato 60 opere della mia collezione privata. Adesso ci sono in esposizione circa 450 opere e  Lia ed io  abbiamo una sala permanente .

Questo bel periodo di piena attività purtroppo ha coinciso con un periodo della vita privata molto brutto. Dapprima l’incendio doloso del nostro bosco in Romagna che Lia aveva tanto voluto e curato con le sue mani, poi la sua lunga malattia che l’avrebbe portata nel 2005 alla morte .  Comunque malgrado i miei ricordi rimangano sempre vivi, malgrado mi accompagni sempre una nostalgia per il passato, per le persone care scomparse cerco di rinnovarmi ogni giorno guardando sempre al futuro”. Diceva  Schumann nei suoi “Scritti sulla musica e sui musicisti” : “ A cosa tende questa vita? Verso che cosa si rivolge l’anima angosciata dell’artista quando partecipa alla creazione? Proiettare la luce nelle profondità del cuore umano, questa è la vocazione dell’artista”.

PATRIZIA D’AGOSTINO, Francesco Guerrieri Intervista (versione integrale), in Arte Contemporanea n. 18, Ed. Artecom S.r.l., Grottaferrata,  maggio – luglio 2009

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