top of page

POESIE

1. L’uva, la mela e il vassoio 1962

2. L’uva, la mela e il vassoio (manoscritto originale) 1962

3. Il Silenzio 1962

4. Il bicchierino di grappa, la matita, il temperamatite, la 9ª sinfonia di Beethoven, 1ª parte (c’è anche una sigaretta) 1962

5. Controluce 1962

6. Maschera 1962

7. La lettera all’albero di Natale 1962

8. Delusione 1963

9. Il piatto d’argento 1963

10. Il tempo dell’Arte 1968

11. Quando dipingo 1999

12. Il mio bosco 2001

13. La bella rosa 2004

14. Il Narciso 2004

IL COLORE

Un improvviso divampare di fuoco o l'improvvisa oscurità causata da una eclissi vengono prontamente osservati, e l’atto di osservarli si riverbera nell’emozione. Dall’emozione deriva automaticamente la necessità di dare al fenomeno appena osservato una spiegazione. Ci interessa, ne rimaniamo colpiti, vogliamo sapere che cosa è successo, che cosa ha provocato l’incendio, perchè il cielo è diventato ad un tratto scuro. Cioè ne vogliamo conoscere il significato.
Ci rendiamo conto che questo chock che la mente ha subito attraverso gli occhi è stato causato dall’improvviso cambiamento dei colori.
Ogni apparenza visiva è per noi un prodotto del colore. I contorni che determinano la forma dipendono dalla capacità dell’occhio di distinguere tra aree di chiarezza e di colore diverse.
Anche nei disegni lineari le forme sono rese visibili mediante la differenza di colore e di chiarezza tra l’inchiostro e la carta.
Naturalmente il colore non basta da solo a determinare la visione di un oggetto. La forma è, infatti, altrettanto necessaria. Un disco verde su fondo giallo è altrettanto circolare di un disco rosso su fondo blu, ma essi hanno lo stesso significato? In altre parole, l’emozione che producono nella persona che li guarda è proprio la stessa? Quando, per esempio, guardiamo due bottiglie di vino, una bottiglia di Frascati bianco o una bottiglia di Chianti rosso, si risveglia in noi la stessa emozione? Quando assistiamo ad un film in technicolor la nostra emozione è la stessa di quando ne vediamo uno bianco e nero?
Noi vediamo intorno a noi segnali stradali, pubblicità, automobili eccetera, nei quali il colore è usato come mezzo di comunicazione, di informazione. E più il colore è preciso, netto, smagliante, più è facile capirne il significato, la necessità che ne ha provocato quell’uso.
Gli esperimenti psicologici ci hanno rivelato le differenze esistenti nei modi di reagire delle persone al colore ed alla forma. Gli esperimenti fatti su alcuni malati mentali fecero scoprire che gli individui di carattere euforico erano più sensibili al colore, mentre i tipi depressi reagivano di preferenza alla forma. Il predominio del colore indica apertura agli stimoli esterni. La propensione per la forma, invece, si accorda con il carattere introverso, con un forte controllo degli impulsi, con l’atteggiamento pedantesco e poco emotivo.
Possiamo dire, quindi, che nella visione del colore si ha un’azione che parte dall'oggetto e si esplica nella persona che guarda. Nella percezione della forma, invece, è la mente organizzatrice che va verso l’oggetto. Quando si osserva un quadro, con tutta probabilità, sono le emozioni, che proviamo, che agiscono spontaneamente sulla passiva ricettività della mente, mentre è la struttura costruttiva del disegno che interessa l’attività organizzatrice della mente.
Secondo Charles Blanc “l’unione del disegno e del colore è necessaria per generare la pittura, come l’unione dell’ uomo e della donna è necessaria per generare l’umanià”.


Reazioni al colore
È molto diffusa la convinzione che il significato del colore sia basato sull’associazione. Infatti l’effetto del colore è troppo diretto e spontaneo e, quindi, non è stata ancora formulata alcuna precisa ipotesi sul tipo di processo fisiologico che potrebbe servire a spiegare l’influenza del colore sull’organismo. Ci sono solo degli esperimenti. Goldstein durante la sua pratica neurologica constatò, per esempio, che una paziente affetta da mania cerebrale quando aveva indosso un vestito rosso, aveva disturbi dell’equlibrio, e questi sintomi scomparivano quando indossava un vestito verde. Dopo vari esperimenti di altro genere, egli concluse che i colori corrispondenti a grandi lunghezze d’onda, come il rosso e il giallo, si accompagnano ad una reazione in aumento; mentre quelli di piccola lunghezza d’onda, come il blù e il viola ne favoriscono la diminuzione.
Perciò, secondo il Goldstein, l’intero organismo sotto l’azione dei colori diversi viene sospinto verso il mondo esterno o si ritrae da esso concentrandosi verso il centro dell’organismo. 
Allesch osservò che quei colori che vanno incontro a chi guarda (il rosso, per esempio) e quelli che si allontanano (l’azzurro) hanno un effetto più dinamico. Altri colori, come l’aranciato, sembrano dilatarsi, mentre altri ancora, come il nero, sembrano contrarsi, restringersi.
Varie osservazioni sugli effetti esplicati dai colori dell’ambiente sulle persone sono state fatte da arredatori, designers e terapisti. “Uno spiritoso francese - riferisce Goethe - assicurava che il tono della sua conversazione con Madame era mutato da quando ella aveva cambiato il colore della tappezzeria del suo salottino da azzurro in cremisi”. Si potrebbe parlare di molti altri esperimenti, ma il discorso diverrebbe troppo lungo e aneddottico.
Nell’ insieme, però, tutte queste osservazioni sono verbali ed è impossibile determinare esattamente a quale preciso colore si riferiscano. Perchè anche quando guardiamo lo stesso colore su una stampa o su un quadro, non è affatto sicuro che lo stesso rosso o lo stesso giallo che stiamo osservando sia visto da due osservatori nello stesso modo. Una sera, per esempio, mi sono trovata ad osservare un quadro insieme a due signori francesi, uno psicologo ed un critico, e ho detto: “Strano come questo arancione cambi in violetto se ci si alterna sopra una luce viola. E lo psicologo disse: “ma non è arancione, è rosa”. E lì naque una grande discussione.
E’ risaputo che i daltonici non vedono il rosso.
Queste osservazioni sono di carattere generale, senza pretendere di stabilire una speciale dottrina. Si registrano dei fatti che aiutino a capire quanto sia complesso il problema del colore e quanto l’ espressione, e, quindi, il significato che ne deriva, risulti strettamente collegato al gusto dell’epoca in cui viviamo, agli interessi che abbiamo, al nostro temperamento individuale ed al nostro particolare stato d’animo.
Kandinsky e Goethe hanno parlato dell’influenza del colore sui vari individui, hanno espresso il significato di questo o quel colore. Ma quando parlavano di rosso, che rosso era? Cinabro chiaro, scuro, medio e di quale marca? Accademia, Maimeri o Rembrandt? E quando parlavano di giallo-rosso o di giallo-verde, quale era l’intonazione esatta?
Ne deriva la necessità di vedere insieme un quadro inizialmente con pochi elementi di colore per poter iniziare un discorso che ci metta in condizioni di comprenderne il più chiaramente possibile il significato. È necessario, quindi, lo shock dei colori forti e netti, che desta l’interesse nell’osservatore. È necessaria la regolarità e la tipicità delle forme per una più diretta percezione delle strutture e per evitare preconcetti nel modo di vedere. È necessaria la purezza del colore per esprimere con la maggior chiarezza il significato del nostro operare.
Queste direttive possono costituire le fondamenta di un linguaggio visivo che può essere comune a tutti.  

                              

LIA DREI


(Testo letto nel dibattito tenuto alla Casa della Cultura di Livorno, il 20 novembre 1965, in occasione della mostra “Strutture significanti”)

DIARI, 2004

1 gennaio 2004
Il 1° dell’anno assomiglia a una tela bianca messa sul cavalletto in attesa di mettersi a dipingere. Chissà che verrebbe fuori  se dessi una cinquantina di pennellate ogni giorno a quella tela bianca. Quanti cambiamenti e quanti ripensamenti. La vita invece si svolge ad attimi e una volta che l’attimo è passato non lo si può cambiare più.

3 gennaio 2004
(…)E’ molto interessante vedere come  il lavoro di Francesco va avanti e continua con costanza a sviluppare il pensiero di quando ci siamo incontrati.
C’è sempre una novità, che apre una strada nuova per domani. Francesco è molto esigente e onesto con se stesso e con il suo lavoro. A me piace così. Mi dà serenità e io lo stimo e lo ammiro e mi domando se chi guarda i suoi quadri capisce l’importanza del suo lavoro che va avanti da tanti anni…Il suo lavoro deve essere osservato,guardato e vissuto lentamente,così dagli occhi ti entra nel cuore e poi nell’anima. In un secondo tempo lo spirito registra un fatto conoscitivo e finalmente si capisce qualcosa accettando l’ignoto.(…) 

4 gennaio 2004
(…)Oggi avevo pensato ai miei quadri con i tondi del 1963. Perché sono arrivata al tondo? 
Per rendere più forte l’attrazione visiva. Sul  tondo l’occhio si ferma più facilmente, è un attimo e vede il rosso,il verde,il giallo,l’azzurro, con tutta la forza della mente e ci si perde dentro e ,anche se non capisce il perché,il suo colore gli dà un emozione inaspettata  come il suono di una musica improvvisa.
E così ho costruito dei quadri sentendo  l’emozione speciale per me, perché non l’avevo fatto prima, di inventare qualcosa di nuovo, di costruire una realtà che prima non c’era e che doveva avere fascino,equilibrio e la forza della vita.
…La meraviglia dell’arte é così, perché nell’equilibrio dell’espressione uno si sente stranamente appagato anche con una piccola cosa,basta che sia vera.
E poi io sono figlia d’arte e per me è normale trovare  il bello in tutto ciò che mi circonda, basta che io lo guardi con il fascino della mente e dentro il mio cuore.(…)

5 gennaio 2004
Ho finito appena adesso di parlare con Teodolinda Coltellaro sulla presentazione di “Solitari cantori dell’Utopia”  che lei  ha scritto. Ha parlato del “sogno” e la cosa mi  entusiasma perché ora io intitolo i miei quadri  “Il Tempo del Sogno”, perché quando si dipinge, si scrive o si suona, si esprime il sogno che si ha nell’anima.

9 gennaio 2004
(….)Mi sembra di non avere più tempo. Mi sento sfuggire il tempo fra le dita e non lo so fermare. Per dipingere, invece , bisogna fermarlo il tempo, perché in un quadro il tempo deve essere eterno.
Sì, è vero, con una tela sul cavalletto, un pennello  in mano, una tavolozza piena di colori ,con tanti  toni  da
scegliere e da dipingere, il tempo ad un tratto si ferma.
C’è un grande silenzio dentro l’anima, non si sentono neanche più i rumori della strada, gli occhi diventano  
grandi come il mondo e un tono di colore è una scoperta affascinante che ti dà una  grande gioia. Non è solo il colore di un colore che ti prende il cuore, ma è il piacere manuale di fare  una cosa che prima non c’era.
C’è la passione, la rabbia, l’impotenza, l’illusione, l’amore che ti prende tutti i sensi e ti chiede perdono perché non sai fare meglio e di più.

Ma la cosa più bella  che c’è nel “Tempo del Sogno” è che ciò che uno sogna, in quell’istante che lo si dipinge, nel silenzio del mondo, quello che hai scelto di dipingere diventa una immensa realtà.
E uno, così, respira meglio, vede cose inimmaginabili e non gliene importa niente di tutto ciò  che lo circonda e che normalmente gli potrebbe recare dolore. Tutto è,….e basta.
Solo una nuova realtà che magari disillude, ma che prima non c’era.

Un quadro dipinto non è una mela o una pera o un pomodoro che si possono mangiare. Un quadro è una vita reale che appena concepita ha una sua speciale attività. Attrae o respinge chi lo guarda. A che serve?
Chi lo sa. Ma c’è,  ed è come la famosa goccia nel mare, che ,se non ci fosse, non ci  sarebbe stato mai il mare. (…)

13 gennaio 2004
(…) Tutte le creature che vivono in questo mondo hanno qualcosa da raccontare,dopo che hanno vissuto.
Ma un’opera d’arte parla del tempo in cui è stata creata, della mano che l’ha fatta, della bellezza che voleva raccontare, dei sogni….dell’entusiasmo che sentiva,del canto che aveva nel cuore e non aveva parole per dire tutto ciò che voleva in quel momento. 
Così  lo devono sentire e pensare gli altri, quelli che vengono dopo e le guardano,le opere d’arte. Così possono creare in quel momento pensieri giovani e nuovi e con un respiro infinito.


19 gennaio 2004
(…) Stamattina ho pensato a tutto il lavoro che ho fatto con i triangoli…mi è venuta l’idea che il triangolo rettangolo è il simbolo della creazione…il lato destro è l’uomo e il lato sinistro la donna…L’ipotenusa è l’amore che li unisce e dà la vita. La punta del triangolo è l’utero che fa crescere lo spazio.
Nei miei quadri ogni triangolo (anche se ce ne sono 2000) è diverso di misura anche se solo per ½ millimetro.
E le persone sono forse mai uguali? Adesso le vogliono clonare. Io non vorrei che dopo di me ci fosse un’altra Lia. Quella non potrebbe mai vivere la mia vita un’altra volta, in un altro tempo.(…)
          
LIA DREI (Diari, 2004)

 

APPUNTI, 1962


I miei quadri non hanno un passato, sono vuoti di significato nel presente, ma aspettano i discorsi del futuro, il più remoto possibile.
Ed è per questo che non hanno i piedi ben piantati interra, nonostante ci siano delle radici invisibili che prendono la vita dalla terra,come tanti fili d’erba.
Mentre lavoro cerco la verità in quello che faccio. Il tempo non è ieri perché sarebbe falso, non è oggi perché l’emozione mi toglie il respiro e io muoio ogni momento e rinasco dopo ogni nuova pennellata.
Subito dopo il tempo diventa vecchio,inutile,senza senso. Non so mai che verrà fuori con la prossima pennellata o spatolata che sia.
Il mio pensiero va a velocità supersonica e si ferma soltanto per scegliere un altro colore. Quello appena dipinto non è mai quello giusto. Così io vivo la vita del nuovo quadro con il senso del mistero che ha la notte senza luna.(…)

 

LIA DREI (Appunti, 1962)

OpSpaH6.jpg
OpSpaH5.jpg

LIA
DREI

bottom of page